arti. 1 esigenze sostitutive

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  1. fabrizio72
     
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    NEGATIVA!

    Autorità: Cassazione civile sez. lav.
    Data: 26 luglio 2011
    Numero: n. 16257
    INTESTAZIONE
    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    SEZIONE LAVORO
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
    Dott. FOGLIA Raffaele - Presidente -
    Dott. MAISANO Giulio - rel. Consigliere -
    Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere -
    Dott. MANNA Felice - Consigliere -
    Dott. MELIADO' Giuseppe - Consigliere -
    ha pronunciato la seguente:
    sentenza
    sul ricorso proposto da:
    POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
    tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso
    lo studio dell'avvocato STUDIO TRIFIRO' E PARTNERS, rappresentata e
    difesa dall'avvocato MINUTOLO BONAVENTURA, giusta delega in atti;
    - ricorrente -
    contro
    M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE
    DON MINZONI 9, presso lo studio dell'avvocato AFELTRA ROBERTO, che la
    rappresenta e difende unitamente all'avvocato ZEZZA LUIGI, giusta
    delega in atti;
    - MA.MA., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
    GERMANICO N. 172, presso lo studio dell'avvocato GALLEANO SERGIO
    NATALE EDOARDO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
    - controricorrenti -
    avverso la sentenza n. 552/2 006 della CORTE D'APPELLO di MILANO,
    depositata il 25/07/2006 R.G.N. 1904/04 + altre;
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
    23/06/2011 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;
    udito l'Avvocato GALLEANO SERGIO;
    udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
    GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

    (Torna su ) FATTO
    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con sentenza n. 2848/2004 il Tribunale di Milano ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato fra Poste Italiane s.p.a. e Ma.Ma. con decorrenza 17 ottobre 2003 e termine al 31 dicembre 2003, e la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 15 ottobre 2003, condannando la società a riammettere il lavoratore nel posto di lavoro e a corrispondergli la retribuzione spettante dal 20 gennaio 2004, data della messa in mora. Con sentenza n. 3690/2003 il medesimo Tribunale di Milano ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato da Poste Italiane con M. G. dal 2 novembre 2002 al 31 dicembre 2002 e la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, condannando la società a riammettere il lavoratore nel posto di lavoro e al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio. A seguito di impugnazione avverso tali sentenza da parte di Poste Italiane la Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 9 maggio 2006, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha condannato la soc. Poste Italiane a pagare alla M. tutte le retribuzioni dalla data della sentenza e fino al ripristino del rapporto, confermando, nel resto, entrambe le sentenze appellate. La Corte territoriale ha motivato tale sentenza considerando, quanto all'assunzione del Ma., che, sebbene fossero indicate astrattamente le ragioni che avevano dato luogo all'assunzione a termine, non sussistevano specifiche deduzioni espositive ed istruttorie della società convenuta che aveva l'onere di dimostrare la concreta sussistenza delle esigenze indicate, ed il nesso causale tra le stesse e l'assunzione del lavoratore; quanto all'assunzione della M. la Corte d'Appello ha osservato che la società si era limitata a richiamare fatti che non hanno diretta attinenza al periodo in esame, ed inoltre la pluralità di causali ed eventi diversi tra loro è inidonea ad integrare i requisiti di specificità previsti dalla norma.
    Poste Italiane s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo in nove motivi.
    Resistono con controricorso il Ma. e la M..
    (Torna su ) DIRITTO
    MOTIVI DELLA DECISIONE
    Con il primo motivo la ricorrente lamenta omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, deducendo di avere puntualmente allegato i fatti che hanno dato luogo all'assunzione a termine indicando, in particolare, i nominativi dei lavoratori assenti che anno reso necessaria la sostituzione con il Ma..
    Con il secondo motivo si assume omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento alla puntuale allegazione delle esigenze tecniche e organizzative che hanno consentito l'assunzione a termine della M., e che non sarebbero state considerate dalla Corte territoriale.
    Con il terzo motivo si assume omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento alla puntuale allegazione delle esigenze che hanno consentito l'assunzione a termine della M. anche con riferimento alla ulteriore esigenza specifica costituita dall'incremento del traffico postale nel periodo natalizio.
    Col quarto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. deducendo che la Corte d'Appello avrebbe erroneamente valutato le risultanze istruttorie ricavabili dalle prove articolate dalla società, nonchè fatti pacifici.
    Col quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 lamentando che, con la sentenza impugnata, si è ritenuta inidonea l'indicazione di una pluralità di cause diverse inidonea ad integrare i requisiti di specificità indicati dalla norma che, invece, prevede essa stessa una pluralità di ipotesi legittimanti l'adozione di contratti a termine.
    Col sesto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 12 disp. Gen., art. 1419 cod. civ., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e art. 115 cod. proc. civ. assumendosi che sarebbe stato ritenuto che la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 comporti una sanzione non prevista dal legislatore, ovvero la trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato.
    Col settimo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1219, 2094 e 2099 cod. civ. con riferimento al risarcimento commisurato a tutte le retribuzioni per i periodi non lavorati, anzichè dall'effettiva ripresa del servizio.
    Coll'ottavo motivo si lamenta omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento alla costituzione in mora dalla quale è stata considerata la retribuzione da corrispondere a titolo di risarcimento del danno, e che non sarebbe affatto contenuta nell'istanza di conciliazione considerata a tali fini.
    Col nono motivo si deduce violazione degli artt. 1218, 1219, 1223, 1227, 2099 e 2697 cod. civ. con riferimento al mancato accertamento dell'aliunde perceptum ai fini della determinazione del risarcimento del danno.
    I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente riguardando entrambi la motivazione dell'assunzione a termine con riferimento ai due lavoratori per cui è processo, sono fondati. Deve premettersi che il D.Lgs. n. 368 del 2001, recante l'attuazione della Direttiva 1999/70 CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEP e dal CES, costituisce la nuova ed esclusiva fonte regolatrice del contratto di lavoro a tempo determinato , in sostituzione della L. n. 230 del 1962 e della successiva legislazione integrativa. Il preambolo della citata Direttiva 1999/70, premesso che con la risoluzione del 9 febbraio 1999 il Consiglio dell'Unione europea ha invitato le parti sociali a tutti i livelli "a negoziare accordi per modernizzare l'organizzazione del lavoro, comprese forme flessibili di lavoro, al fine di rendere le imprese produttive e competitive e di realizzare il necessario equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza, evidenzia che l'accordo quadro in questione stabilisce principi generali e requisiti minimi con l'obiettivo di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l'applicazione del principio di non discriminazione, nonchè di creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato ". Per tale ragione, accogliendo la richiesta delle parti sociali stipulanti e su proposta della Commissione europea, il Consiglio a norma dell'art. 4 dell'accordo sulla politica sociale - ora inserito nel trattato istitutivo della Comunità europea - ha emanato la direttiva in questione, imponendo agli Stati membri di conformarsi ad essa, adottando "tutte le prescrizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti" (art. 2). Il legislatore nazionale, nell'adempiere al suo obbligo comunitario, ha emanato il D.Lgs. n. 368 del 2001, il quale nel testo originario, vigente all'epoca del contratto ora in questione, all'art. 1, comma 1, prevede, al comma 1, che "è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo" e, al comma 2, che "l'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 7". E' stata altresì prevista, contestualmente all'entrata in vigore del citato D.Lgs. (24 ottobre 2001), l'abrogazione della L. n. 230 del 1962, della L. n. 79 del 1983, art. 8 bis, della L. n. 56 del 1987, art. 23 e di tutte le disposizioni di legge incompatibili (art. 11, comma 1).
    Il quadro normativo che emerge è, dunque, caratterizzato dall'abbandono del sistema rigido previsto dalla L. n. 230 del 1962 - che prevedeva la tipizzazione delle fattispecie legittimanti, sistema peraltro già oggetto di ripensamento come si evince dalle disposizioni di cui alla L. n. 79 del 1983 e alla L. n. 56 del 1987, art. 23 - e dall'introduzione di un sistema articolato per clausole generali, in cui l'apposizione del termine è consentita a fronte di "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo". Tale sistema, al fine di non cadere nella genericità, impone al suo interno un fondamentale criterio di razionalizzazione costituito dal già rilevato obbligo per il datore di lavoro di adottare l'atto scritto e di specificare in esso le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo adottate.
    Nel caso di specie i motivi di ricorso impongono di stabilire come debba essere configurato sul piano giuridico il concetto di specificazione con riferimento all'ipotesi in cui il datore di lavoro abbia la causale dell'apposizione del termine in ragioni di carattere sostitutivo.
    Come già rilevato, l'onere di specificazione della causale nell'atto scritto costituisce una perimetrazione della facoltà riconosciuta al datore di lavoro di far ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato per soddisfare una vasta gamma di esigenze aziendali (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o aziendale), a prescindere da fattispecie predeterminate. Tale onere ha l'evidente scopo di evitare l'uso indiscriminato dell'istituto per fini solo nominalmente riconducibili alle esigenze riconosciute dalla legge, imponendo la riconoscibilità e la verificabilità della motivazione addotta già nel momento della stipula del contratto . D'altro canto, tuttavia, proprio il venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti impone che il concetto di specificità sia collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato. Il concetto di specificità in questione risente, dunque, di un certo grado di elasticità che, in sede di controllo giudiziale, deve essere valutato dal giudice secondo criteri di congruità e ragionevolezza.
    Con riferimento specifico alle ragioni di carattere sostitutivo, pertanto, il contratto a termine se in una situazione aziendale elementare è configurabile come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, allo stesso modo in una situazione aziendale complessa è configuratale come strumento di inserimento del lavoratore assunto in un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta. In quest'ultimo caso, il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto non tanto con l'indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori sostituiti, quanto con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell'assunzione. Questa Corte non ignora la sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, la quale, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 11 afferma che l'onere di specificazione previsto dal comma 2 dello stesso art. 1 "impone che, tutte le volte in cui l'assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione". Sul problema degli effetti delle sentenze interpretative di rigetto della Corte costituzionale sull'interpretazione delle leggi da parte del giudice ordinario, questa Corte (cfr., in particolare, Cass. 9 gennaio 2004 n. 166) ha affermato che, ove il giudice delle leggi, nel ritenere non infondato il denunciato vizio di incostituzionalità di una certa disposizione nella interpretazione non implausibile fornitane dal giudice del merito, indichi una possibile, diversa interpretazione della stessa disposizione conforme a Costituzione, tale interpretazione adeguatrice non interferisce con il controllo di legittimità rimesso alla Corte di cassazione ed il suo effetto vincolante per i giudici ordinali e speciali, non esclusa la Corte di Cassazione, riguarda soltanto il divieto di accogliere quella interpretazione che la Corte costituzionale ha ritenuto, sia pure con una pronuncia di infondatezza della questione di legittimità costituzionale sottoposta al suo esame, viziata. Nel caso di specie il passo della sentenza della Corte costituzionale sopra citato deve essere letto nel contesto argomentativo in cui esso è stato formulato. La sentenza, subito dopo il passo estrapolato, prosegue precisando che "considerato che per ragioni sostitutive si debbono intendere motivi connessi con l'esigenza di sostituire uno o più lavoratori, la specificazione di tali motivi implica necessariamente anche l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori da sostituire e delle cause della loro sostituzione; solamente in questa maniera, infatti, l'onere che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2 impone alle parti che intendano stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato può realizzare la propria finalità, che è quella di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell'apposizione del termine e l'immodificabilità della stessa nel corso del rapporto". Tale precisazione sta a indicare che, nella illimitata casistica che offre la realtà concreta delle fattispecie aziendali, accanto a fattispecie elementari in cui è possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da sostituire, esistono fattispecie complesse in cui la stessa indicazione non è possibile e "l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori" deve passare necessariamente attraverso la "specificazione dei motivi", mediante l'indicazione di criteri che, prescindendo dall'individuazione delle persone, siano tali da non vanificare il criterio selettivo che richiede la norma.
    Intesa in questi termini la sentenza della Corte costituzionale, l'opzione interpretativa offerta da questo Collegio è pienamente coerente con quella offerta dalla sentenza in questione che, per l'autorevolezza della fonte da cui proviene, costituisce un contributo ermeneutico della massima importanza.
    Dunque, per concludere sul punto, l'apposizione del termine per "ragioni sostitutive" è legittima se l'enunciazione dell'esigenza di sostituire lavoratori assenti - da sola insufficiente ad assolvere l'onere di specificazione delle ragioni stesse risulti integrata dall'indicazione di elementi ulteriori (quali, l'ambito territoriale i riferimenti, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato. Nel caso di specie appare congrua la parametrazione effettuata dal giudice di merito che ha ritenuto esistente il requisito della specificità con l'indicazione nell'atto scritto della causale sostitutiva, del termine iniziale e finale del rapporto, del luogo di svolgimento della prestazione a termine, dell'inquadramento e delle mansioni del personale da sostituire. In questo caso appare, infatti, rispettato quel criterio di elasticità che la nuova formulazione della norma di legge impone, pur nell'ambito di una parametrazione concettuale con riferimento all'ambito territoriale di riferimento, al luogo della prestazione lavorativa, alle mansioni del lavoratore (o dei lavoratori) da sostituire e, ove necessario in relazione alla situazione aziendale descritta, il diritto del lavoratore sostituito alla conservazione del posto. Nel caso in esame la Corte territoriale ha omesso di esaminare la motivazione addotta alle due assunzioni in questione, e costituita dalle esigenze tecniche, organizzative e produttive connesse alla fase di riorganizzazione dei Centri Rete Postali, ivi ricomprendendo una più funzionale ricollocazione del personale sul territorio. La società Poste Italiane ha anche chiesto di provare tale circostanza addotta a sostegno delle assunzioni in questione, ed ha anche prodotto gli accordi sindacali relativi alla mobilità infraziendale. Ma la sentenza impugnata ha omesso di valutare i fatti indicati in relazione alla causale costituita dalla ristrutturazione aziendale e la mobilità, a determinare la legittimità delle assunzioni a termine, sebbene, si ripete, la società poste abbia offerto la prova delle circostanze addotte. Il palese difetto di motivazione impone l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello di Milano in altra composizione che provvederà a motivare sulla sussistenza dei motivi che legittimano l'apposizione del termine ai contratti di lavoro in questione, oltre al regolamento delle spese del presente giudizio.
    Gli altri motivi sono assorbiti.
    (Torna su ) P.Q.M.
    P.Q.M.
    La Corte accoglie il ricorso; Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
    Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 giugno 2011.
    Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2011
     
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  2. renato733
     
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    orala leggo ,l'anima de lì mortacci loro ancora!!!!

    Con riferimento specifico alle ragioni di carattere sostitutivo, pertanto, il contratto a termine se in una situazione aziendale elementare è configurabile come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, allo stesso modo in una situazione aziendale complessa è configuratale come strumento di inserimento del lavoratore assunto in un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta
    CITAZIONE
    questo è il motivo per il quale si dovrebbe cancellare la'art1 dalla faccia della terra ,sti scemi dicono che vi è differenza tra azuende e aziende...

     
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  3. fabrizio72
     
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    Autorità: Cassazione civile sez. lav.
    Data: 29 agosto 2011
    Numero: n. 17745
    INTESTAZIONE
    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    SEZIONE LAVORO
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
    Dott. ROSELLI Federico - Presidente -
    Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere -
    Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
    Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere -
    Dott. BALESTRIERI Federico - rel. Consigliere -
    ha pronunciato la seguente:
    sentenza
    sul ricorso 20364/2007 proposto da:
    POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
    tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso
    lo studio dell'avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa
    dall'Avvocato VELLA Giuseppe, giusta delega in atti;
    - ricorrente -
    contro
    V.E., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA
    CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
    dall'avvocato POZZA Massimo, giusta delega in atti;
    - controricorrente -
    avverso la sentenza n. 1296/2006 della CORTE D'APPELLO di TORINO,
    depositata il 20/07/2006 R.G.N. 126/06;
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
    16/06/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;
    udito l'Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega VELLA GIUSEPPE;
    udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
    MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

    (Torna su ) FATTO
    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    La Corte d'appello di Torino, con sentenza depositata il 20 luglio 2006, ha ritenuto nulla, per genericità della causale, l'apposizione del termine al contratto di lavoro stipulato tra la società Poste Italiane ed il V. dal 4 febbraio 2002 al 30 aprile 2002, dal 28 giugno 2003 al 15 settembre 2003, poi risoltosi con licenziamento per mancanze il 12 luglio 2003, e dal 26 gennaio 2004 al 31 marzo 2004 (per "ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell'area operativa e addetto al servizio di recapito, smistamento e trasporto presso la Regione Nord Ovest assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro nel periodo di cui al contratto "), e per difetto di prova circa le specifiche esigenze dell'ufficio di destinazione del lavoratore. La corte territoriale accoglieva solo in parte il gravame, dichiarando la nullità dell'ultimo contratto , la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 26 gennaio 2004, e con condanna della società Poste al pagamento delle retribuzioni dalla collocazione in mora (19 maggio 2004).
    Propone ricorso per cassazione la società Poste, affidato a quattro motivi. Resiste il V. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
    (Torna su ) DIRITTO
    MOTIVI DELLA DECISIONE
    1. - Con il primo motivo la società Poste denuncia la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 115, 414, 420 e 437 c.p.c.; della L. n. 230 del 1962, art. 3, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamentando in particolare che la corte territoriale aveva erroneamente ritenuto generica la causale dell'assunzione in questione senza una specifica doglianza del V. al riguardo.
    2. - Con il secondo motivo la società Poste denuncia la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, nonchè dell'art. 1362 c.c., e segg., ed inoltre omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamentando nuovamente l'erroneità della sentenza impugnata laddove aveva ritenuto la causale di assunzione de qua generica in base alla prima delle norme richiamate.
    3. - Con il terzo motivo la società Poste denuncia la violazione dell'art. 12 delle preleggi, nonchè dell'art. 1419 c.c., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e art. 115 c.p.c., per aver ritenuto che anche in base alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, l'eventuale nullità della clausola comportasse la sola caducazione di essa e non dell'intero contratto , affermando comunque un principio, quello della conversione del contratto , contenuto nella ormai abrogata L. n. 230 del 1962, ma non più nel decreto n. 368 del 2001.
    Ad illustrazione dei vari motivi formulava i prescritti quesiti di diritto.
    4.- I motivi, stante la loro connessione, possono essere congiuntamente trattati e risultano infondati.
    Quanto al primo motivo, deve evidenziarsi che il ricorrente, dolendosi originariamente della mancanza di prova delle condizioni legittimanti il contratto a tempo determinato , come dedotto dalla stessa società ricorrente, aveva indubbiamente introdotto in giudizio la questione della genericità della causale, D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 1. Deve poi notarsi che la ricorrente non riproduce nè allega, in contrasto col principio dell'autosufficienza, il ricorso introduttivo della lite, rendendo la censura sotto ogni altro relativo profilo inammissibile.
    Per il resto deve osservarsi che questa Corte si è più volte pronunciata in materia affermando che: a) il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, anche anteriormente alla modifica introdotta dalla L. n. 247 del 2007, art. 39, ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo l'apposizione del termine un'ipotesi derogatoria pur nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante l'apposizione del termine "per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo". Pertanto, in caso di insussistenza delle ragioni giustificative del termine, e pur in assenza di una norma che sanzioni espressamente la mancanza delle dette ragioni, in base ai principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, nonchè alla stregua dell'interpretazione dello stesso art. 1 citato nel quadro delineato dalla direttiva comunitaria 1999/70/CE (recepita con il richiamato decreto), e nel sistema generale dei profili sanzionatori nel rapporto di lavoro subordinato, tracciato dalla Corte Cost. n. 210 del 1992 e n. 283 del 2005, all'illegittimità del termine ed alla nullità della clausola di apposizione dello stesso consegue l'invalidità parziale relativa alla sola clausola e l'instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (per tutte, Cass. 21 maggio 2008 n. 12985; nello stesso senso la Corte Cost. con la sentenza 14 luglio 2009 n. 214); b) L'apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l'onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, alfine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l'immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell'ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato , sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell'ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa (per tutte, Cass. 27 aprile 2010 n. 10033);
    c) in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, la Corte Cost. (sentenza n. 214 del 2009 ed ordinanze n. 65 del 2010 e n. 325 del 2009) e questa Corte hanno affermato che l'onere di specificazione delle causali contenuto nel D.Lgs. n. 368, art. 1, è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell'apposizione del termine e l'immodificabilità della stessa nel corso del rapporto.
    Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l'apposizione del termine deve considerarsi legittima se l'enunciazione dell'esigenza di sostituire lavoratori assenti - da sola insufficiente ad assolvere l'onere di specificazione delle ragioni stesse - risulti integrata dall'indicazione di elementi ulteriori (quali l'ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (Cass. 24 maggio 2011 n. 11358, Cass. 26 gennaio 2010 n. 1577).
    L'onere della prova è evidentemente a carico della datrice di lavoro (Cass. 1 febbraio 2010 n. 2279), che nel caso in esame nulla di specifico ha dedotto al riguardo.
    6. - Il ricorso va quindi respinto, non essendo stata, peraltro, avanzata alcuna altra censura, che riguardi in qualche modo le conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine ed il capo relativo al risarcimento del danno.
    Al riguardo, osserva il Collegio che, con la memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c., la società ricorrente, invoca, in via subordinata, l'applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7, in vigore dal 24 novembre 2010.
    La richiesta della società è contrastata, sotto vari profili, dalla difesa dell'intimata.
    Orbene, a prescindere da ogni altra considerazione, va premesso, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest'ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070). Tale condizione non sussiste nella fattispecie.
    Il ricorso va pertanto respinto.
    Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
    (Torna su ) P.Q.M.
    P.Q.M.
    La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 31,00, oltre Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..
    Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2011.
    Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011
     
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  4. renato733
     
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    Fabrizio viene dalla stessa corte di appello di torino che aveva dato ragione ad un lavoratore,o a torino l'avvocato è un coglione,oppure la corte di appello garzie a quello che scrive non fa altro che ostacolare la cassazione.
    Autorità: Cassazione civile sez. lav.


    Data: 11 luglio 2011
    Numero: n. 15148
    INTESTAZIONE
    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


    In questa mi riferivo sopra,ed è stata postata sempre da te nella pagina precedente...

    Speriamo bene!!!!
     
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  5. fabrizio72
     
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    purtroppo la cassazione continua confermare il principio che non è necessaria l'indicazione del nominativo al contratto...nel caso di specie, invero, mi sembra che l'errore sia stato commesso dall'avv. che ha curato il ricorso in cassazione !!! vedi parte sent. " I motivi, stante la loro connessione, possono essere congiuntamente trattati e risultano infondati.
    Quanto al primo motivo, deve evidenziarsi che il ricorrente, dolendosi originariamente della mancanza di prova delle condizioni legittimanti il contratto a tempo determinato , come dedotto dalla stessa società ricorrente, aveva indubbiamente introdotto in giudizio la questione della genericità della causale, D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 1. Deve poi notarsi che la ricorrente non riproduce nè allega, in contrasto col principio dell'autosufficienza, il ricorso introduttivo della lite, rendendo la censura sotto ogni altro relativo profilo inammissibile.
     
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  6. renato733
     
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    Come volevasi diomostrare,avv. coglione non ha fatto manco mezza istruttoria,ecco perchè le danno vinte!!!
     
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  7. sporting76
     
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    secondo me piu' colpa dell'avvocato!!! azz pero quando sento cassazione che perdono...........
     
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  8. fabrizio72
     
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    CITAZIONE (sporting76 @ 16/9/2011, 19:26) 
    secondo me piu' colpa dell'avvocato!!! azz pero quando sento cassazione che perdono...........

    ha sbagliato l'avv. di poste...questa cass. è vincente x il lavoratore
     
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  9. sporting76
     
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    Fabrizio grazie non avevo capito.......grande allora!!!!
     
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  10. renato733
     
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    ZITTI CHE FORSE A MIA MOGLIE è CAPITATO UN AVVOCATO CHE HA STUDIATO INIEME A QUESTI DUE!!!!
     
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  11. sporting76
     
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    allora avra' studiato con il mio ex avvocato che mi ha fatto perdere l'appello!!!! ahahahaha
     
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  12. fabrizio72
     
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    SENTENZA POSITIVA...IN QUALCHE MODO SEMBRA CI SIA UN PICCOLO CAMBIAMENTO DI ROTTA.
    OTTIMO LAVORO DELL'AVVOCATO DEL LAVORATORE

    ESTREMI
    Autorità: Cassazione civile sez. lav.
    Data: 20 ottobre 2011
    Numero: n. 21862
    INTESTAZIONE
    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    SEZIONE LAVORO
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
    Dott. BATTIMIELLO Bruno - Presidente -
    Dott. LA TERZA Maura - Consigliere -
    Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere -
    Dott. IANNIELLO Antonio - rel. Consigliere -
    Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere -
    ha pronunciato la seguente:
    ordinanza
    sul ricorso proposto da:
    M.P.C. (OMISSIS), elettivamente
    domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 58, presso lo studio
    dell'avvocato ANTONIO CARUSO, rappresentato e difeso dall'avvocato
    SIRACUSA ANTONINO, giusta procura speciale a margine del ricorso;
    - ricorrente -
    contro
    POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS) in persona del Presidente del
    Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,
    elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso
    lo studio dell'avvocato TRIFIRO' SALVATORE, che la rappresenta e
    difende, giusta procura a margine del controricorso;
    - controricorrente -
    avverso la sentenza n. 476/2009 della CORTE D'APPELLO di MILANO del
    7.4.09, depositata il 09/06/2009;
    udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
    28/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;
    E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO
    FEDELI.

    (Torna su ) FATTO
    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
    La causa è stata chiamata alla odierna adunanza in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 c.p.c.:
    "Con ricorso notificato in data 13 maggio 2010, M.P. C. chiede, con cinque motivi, la cassazione della sentenza depositata il 9 giugno 2009, con la quale la Corte d'appello di Milano, riformando la decisione del primo giudice, ha respinto la sua domanda di accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato, nel quadro della disciplina di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, con Poste Italiane s.p.a. dal 5 agosto al 30 settembre 2005, poi prorogato fino al 31 dicembre successivo "per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell'area operativa e addetto al servizio di smistamento e trasporto presso il Polo corrispondenza Lombardia assente" nel medesimo periodo; con le pronunce conseguenti.
    I motivi di ricorso sono i seguenti:
    1 - insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, laddove la Corte, pur ritenendo l'indicazione della causale giustificativa del termine contenuta nel contratto individuale di lavoro "piuttosto generica", di fatto avrebbe poi deciso la causa senza tener conto di tale determinante vizio formale della clausola, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1;
    2 - violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 per non avere applicato il comma 2 di tale articolo in relazione alla pur ritenuta genericità della indicazione della causale del termine nel contratto tra le parti, evidentemente travisando il significato del termine "specificazione" usato dal D.Lgs.;
    3 - violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in quanto la Corte territoriale, nell'affermare che comunque le concrete specifiche esigenze sostitutive erano state indicate ed erano risultate in giudizio, avrebbe omesso di considerare che tali esigenze vanno evidenziate ex ante, nel contratto e non verificate a posteriori; inoltre, quanto alla prova, la Corte d'appello si sarebbe basata unicamente su mere asserzioni della società, mai confermate da testimoni (la cui audizione sarebbe stata comunque inutile, data la genericità dei capitoli di prova dedotti dalla società) nè desumibili in maniera incontrovertibile dalla documentazione prodotta;
    4 - erroneità, alla luce degli artt. 1418, 1419, 1457 e 2126, della tesi difensiva sviluppata dalla società fin dal suo primo atto difensivo, secondo la quale la nullità della clausola appositiva del termine determinerebbe la nullità dell'intero contratto di lavoro in cui essa è inserita;
    5 - diritto al risarcimento del danno ex artt. 1337, 1344 e 2043 c.c., dalla data di messa in mora alla riammissione in servizio, salva la prova da parte della datrice di lavoro dell'aliunde perceptum nel medesimo periodo.
    Nelle conclusioni del ricorso è altresì inserita in via preliminare la richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 o alla Corte di giustizia CE. La società intimata resiste alle domande con rituale controricorso.
    Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e antecedentemente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, è regolato dall'art. 360 c.p.c., e segg. con le modifiche e integrazioni apportate dal D.Lgs. citato.
    Il ricorso è manifestamente fondato quanto al secondo motivo, assorbiti il primo e il terzo, mentre è inammissibile quanto agli altri e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere parzialmente accolto.
    Non può peraltro tenersi alcun conto della istanza formulata in via preliminare, in quanto la stessa non risulta specificatamente sviluppata nel ricorso e in ogni caso non è corredata dalla formulazione del quesito di diritto prescritto dall'art. 366-bis c.p.c. (cfr. Cass. 21 febbraio 2007 n. 4072).
    Non costituiscono inoltre censure alla sentenza impugnata i motivi quarto e quinto, concernenti profili della controversia sui quali la Corte territoriale non si è, logicamente, pronunciata, avendo respinto la domanda - di nullità del termine - cui erano conseguenti la richiesta di conversione del rapporto a tempo indeterminato e quella di risarcimento danni.
    Vanno poi respinte le deduzioni della società di inammissibilità del ricorso in ragione della molteplicità dei quesiti formulati a conclusione di motivi, in quanto nel caso in esame tale molteplicità non impedisce, con riguardo alle censure rilevanti nel presente giudizio, la comprensione del principio di diritto che si vuole applicato alla fattispecie concreta rappresentata, in luogo di quello affermato dalla Corte territoriale.
    In sostanza le censure del ricorrente riguardano l'erronea applicazione al caso in esame, del D.Lgs. n. 368 de 2001, art. 1, comma 2 quanto al requisito della necessaria specificazione nel contratto di lavoro della causale giustificativa del termine apposto alla relativa durata, in ciò restando assorbito il profilo del difetto di motivazione al riguardo (nel caso di specie sviluppato col primo motivo nel senso che implicitamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto che la legge consenta la specificazione successiva della causale), dato il potere di diretta interpretazione della legge da parte di questa Corte e quindi l'irrilevanza della motivazione eventualmente insufficiente, carente o contraddittoria in ordine a tale interpretazione (arg. art. 384 c.p.c., u.c.).
    In proposito, il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 relativo alla "Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES" stabilisce ai primi due commi:
    "1 - E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
    2 - L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1".
    Questa Corte ha avuto modo recentemente di specificare (cfr. Cass. 1 febbraio 2010 n. 32279) che con l'espressione sopra riprodotta, di chiaro significato già alla stregua delle parole usate, il legislatore ha inteso stabilire un vero e proprio onere formale di specificazione nel contratto di lavoro delle ragioni oggettive del termine finale, perseguendo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni nonchè l'immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto (così Corte Costituzionale sent. 14 luglio 2009 n. 214).
    "Il D.Lgs. n. 368 del 2001, abbandonando il precedente sistema di rigida tipicizzazione delle causali che consentono l'apposizione di un termine finale al rapporto di lavoro (in parte già oggetto di ripensamento da parte del legislatore precedente), in favore di un sistema ancorato alla indicazione di clausole generali (ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo), cui ricondurre le singole situazioni legittimanti come individuate nel contratto , si è infatti posto il problema, nel quadro disciplinare tuttora caratterizzato dal principio di origine comunitaria del contratto di lavoro a tempo determinato (cfr., in proposito, Cass. 21 maggio 2008 n. 12985) del possibile abuso insito nell'adozione di una tale tecnica.
    Per evitare siffatto rischio di un uso indiscriminato dell'istituto, il legislatore ha imposto la trasparenza, la riconoscibilità e la verificabilità della causale assunta a giustificazione del termine, già a partire dal momento della stipulazione del contratto di lavoro, attraverso la previsione dell'onere di specificazione, vale a dire di una indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contento che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale.
    In altri termini, per le finalità indicate, tali ragioni giustificatrici... devono essere sufficientemente particolareggiate, in maniera da rendere possibile la conoscenza della loro effettiva portata e quindi il controllo di effettività delle stesse." Con specifico riguardo alle ragioni di carattere sostitutivo, questa Corte ha quindi ripetutamente affermato (cfr. Cass. nn. 21901/10, 1577/10 e 1576/10) che "nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l'apposizione del termine deve considerarsi legittima se l'enunciazione dell'esigenza di sostituire lavoratori assenti - da sola insufficiente ad assolvere l'onere di specificazione delle ragioni stesse - risulti integrata dall'indicazione di elementi ulteriori (quale l'ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni del lavoratore da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità".
    In ogni caso, tutte le sentenze citate danno esplicitamente atto che, nel quadro della disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato introdotta dal D.Lgs. n. 368 del 2001, è imposta l'adozione dell'atto scritto quanto alla clausola contrattuale relativa al termine, con l'onere della specificazione in esso delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo adottate.
    Nel caso in esame, la Corte territoriale non si è attenuta a tale chiara regola di legge, ritenendo sufficiente che l'onere di specificazione della causale relativa alla clausola appositiva del termine venga assolto successivamente alla stipula e all'esecuzione del relativo contratto di lavoro, in particolare in sede di difese nel giudizio concernente la legittimità del termine.
    Concludendo, si chiede che il Presidente della sezione voglia fissare la data dell'adunanza in camera di consiglio".
    E' seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all'avviso della data della presente udienza in camera di consiglio.
    Il ricorrente ha depositato una memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Il Collegio condivide il contenuto della relazione, rilevando che comunque nessun contributo ulteriore ai fini della decisione è apportato dalla memoria ex art. 378 c.p.c. Il ricorso va pertanto accolto nel secondo motivo, assorbiti il primo e il terzo, inammissibili il quarto e il quinto; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione.
    (Torna su ) P.Q.M.
    P.Q.M.
    La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti il primo e il terzo; dichiara inammissibili il quarto e il quinto; cassa conseguentemente la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio, alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione.
    Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.
    Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2011
     
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  13. renato733
     
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    Bravo fabrizio,leggendolo sembra una piccola ma grande cosa nello stesso tempo,mettono avanti le cassazioni merdoso ma poi ritengono che bisogna controllare per bene il discorso sostituzione,pezzi di merda,comunque va benissimo così..
     
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  14. fabrizio72
     
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    vero renato...speriamo che tutto vada nella direzione giusta
     
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  15. renato733
     
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    SARà SUCCESSO CHE UN GIUDICE D'APPELLO DI MILANO SI ERA DEGUATO ALLA CASSAZIONE CHE VIGEVA,STI SIGNORI DELLA STESSA ,ADESSO DICONO.......NO NO NO ,NON DEVI FARE COSì !!!!!!MA TI DICO IO COME DEVI COMPORTARTI,INSOMMA DEVONO FARE PACE COL CERVELLO!!!!
     
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76 replies since 16/3/2011, 12:13   1713 views
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