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renato733.
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pensa se si trattava di un padre di famiglia,agli operai della fiat ed a santoro la causa di lavoro gli è stata fatta nel giro di due mesi,semplicemente perchè dovevano far parlare i giornalisti e i tg.. . -
sporting76.
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hai pienamente ragione.......e' uno schiffo totale!!!!azzz in 8 anni e mezzo ce gente che ha fatto 1 grado appello e cassazione se ti fidi!!! . -
fabrizio72.
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...la sentenza è certamente positiva...tuttavia mi pare che siano stati confermati tutti i principi delle sentenze gemelle 1576 e 1577...perciò, in generale, mi pare che nulla è cambiato. la notte chirone santa subito!!!! . -
sporting76.
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speriamo da ora in poi che siano tutte positive!!!! . -
infi80.
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Dov'è possibile scaricare la SENTENZA art. 1 della Cassazione? Perchè ho fatto una ricerca con google ma non la trovo.
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sporting76.
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infi guarda il primo messaggio di questa discussione....ci sta tutta la sentenza!!! . -
infi80.
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Lo so che la sentenza è riportata nel primo messaggio, ma non è la copia dell'originale che invece da qualche parte su internet dovrebbe esserci.
. -
fabrizio72.
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si certo ci sono novità ,rinviato al 18 giugno 2012 e siamo ad 8 anni e mezzo,chi vivrà vedrà...comunque sempre positivo...
a me pare impossibile che dopo 8 anni non si sia arrivati ancora ad una pronuncia... quante udienze sono state fatte? non è che è stata già decisa e tu non lo sai?. -
renato733.
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magari fabrizio ti spiego,contratto estate del 2003 depositato ricorso a novembre del 2003,primo giudice udienza novembre 2004 rimanda,sappiamo che il giudice è stato trasferito aspettiamo un altro giudice ,ci viene assegnato il 2005 e ci da udienza dicfembre del 2005,rimanda,poi il 2006 si riserva precisamente ad ottobre,all'improvviso sparisce anche questa,ci assegnano altro giudice che ha dato dal 2007 ad oggi perlomeno 5-6 udienze ma non ha mai risposto ma ha solo chiamato il testimone(il quale dichiarava che mia moglie ha lavorato in una zona senza titolare)poi esce fuori l'ammazzaprecari quaindi ci dice di aspettare l'esito della consulta,arrivato l'esito ci guarda col calendario in mano a settembnre del 2010 e rimandaancora poi udienze a dicembre del 2010 ,a giugno del 2011 sempre e solo rinvii,chiedo al mio leglae di fare richieste delòle legge pinto ma dice nche il giudice(pensa te)potrebbe insoppettirsi e comunque rimanda ancora a giugno 2012 ecco raccontato il tutto ,il prossimo anno siamo a quasi 8 anni e mezzo e nessunissima risposta ...
dimenticavo ,il legale di poste non ha nemmeno fatto l'istruttoria ,visto quanto detto dal loro testimone,quindi la causa secondo me e vista l'ultima cassazione vincente è vinta al 100%il problema forse èp che sto giudice non la vede proprio bene nei confronti dei lavoratori ..perchè oltre che a bari i tempi sono questi descritti non vedo altre motivazioni.... -
fabrizio72.
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scusa se insisto ma a tutte queste udienze sei stato presente (tu o tua moglie) o te le ha riferite il tuo avvocato?!! il rito lavoro è un procedimento piuttosto celere e snello e i rinvii senza motivi particolari sono piuttosto singolari. non vorrei che il tuo avv. x non so quale ragione possa nasconderti qualcosa . -
renato733.
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fabrizio son stati cambiati due giudici ed i tempi di assegnazione sono lunghi,a bari i giudici del lavoro erano sotto organico e quindi se ne fregavano,a tutte le udienze son stato presente io e ti dirò che ho assistito anche all'udienza alla consulta per la norma ammazzaprecari del 2009 ,adesso per quanto ci riguarda è da dentro o furoi senza accordo e senza scappatoie....ad ottobre sarò presente a roma il 4 all'udienza per il collegato lavoro,avendo lavorato 8 anni a roma ho ancora qualche amico che mi ospita ... . -
fabrizio72.
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io depositerò ricorso in cassazione a breve...speriamo bene! per il 4 ottobre mi sento tranquillo, tremo un pò x quello dell'art. 1 ord la notte chirone (santa subito) . -
fabrizio72.
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pubblicato in gazzetta il 24.08.2011, tra pochi giorni verrà fissato il giorno dell'udienza. ...............dott.ssa la notte chirone SANTA SUBITO!!
BUONA LETTURA!!!!
Reg. ord. n. 173 del 2011 pubbl. su G.U. del 24/08/2011 n. 36
Ordinanza del Tribunale di Trani del 21/02/2011
Notifica del 23/03/2011
Tra: Mizzi Giovanni C/ Poste Italiane s.p.a.
Oggetto:
Lavoro e occupazione - Apposizione di termini alla durata del contratto di lavoro subordinato - Omissione di specificazione per iscritto, ove l'assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, del nome del lavoratore sostituito e della causa della sua sostituzione, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, non condivisa dalla giurisprudenza della Cassazione, costituente "diritto vivente" - Violazione del principio di uguaglianza - Eccesso di delega - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 214/2009, 44/2008 e all'ord. n. 65/2010.
Norme impugnate
Num. Art. Co. Nesso
decreto legislativo 06/09/2001 368 1 (collegamento sperimentale a Normattiva)
decreto legislativo 06/09/2001 368 11 (collegamento sperimentale a Normattiva)
Parametri costituzionali
Num. Art. Co. Nesso
Costituzione 3 (collegamento sperimentale a Normattiva)
Costituzione 77 1 in relazione a (collegamento sperimentale a Normattiva)
legge 29/12/2000 422 (collegamento sperimentale a Normattiva)
Testo dell'ordinanza
N 173 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21/2/2011.
Ordinanza del 21 febbraio 2011 emessa dal Tribunale di Trani nel
procedimento civile promosso da Mizzi Giovanni contro Poste Italiane
S.p.a..
Lavoro e occupazione - Apposizione di termini alla durata del
contratto di lavoro subordinato - Omissione di specificazione per
iscritto, ove l'assunzione a tempo determinato avvenga per
soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, del nome del
lavoratore sostituito e della causa della sua sostituzione, secondo
la giurisprudenza della Corte costituzionale, non condivisa dalla
giurisprudenza della Cassazione, costituente «diritto vivente» -
Violazione del principio di uguaglianza - Eccesso di delega -
Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale n. 214/2009, n.
44/2008 e all'ord. n. 65/2010.
- Decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, artt. 1 e 11.
- Costituzione, artt. 3 e 77, primo comma, in relazione alla legge 29
dicembre 2000, n. 422.
(GU n. 36 del 24.8.2011)
IL TRIBUNALE
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Trani, dott.ssa Maria
Antonietta La Notte Chirone, a scioglimento della riserva del 21
febbraio 2011, nella causa iscritta al n. 6606/A/2010 R.G., pendente
tra Mizzi Giovanni (avv. Domenico Carpagnano) e la S.p.a. Poste
Italiane (avv. Angelo Pandolfo), ha pronunciato la seguente ordinanza
di promuovimento del giudizio dinanzi alla Corte costituzionale, in
ordine agli artt. 1 e 11 del d.lgs. n. 368 del 6 settembre 2001, con
riferimento agli artt. 3 e 77, primo comma, della Costituzione.
In fatto
Con domanda del 29 novembre 2010, Mizzi Giovanni ha convenuto in
giudizio la S.p.a. Poste Italiane, chiedendo l'accertamento
dell'illegittimita' del termine apposto al contratto di lavoro
sottoscritto il 20 maggio 2005, «per ragioni di carattere sostitutivo
correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del
personale addetto al servizio recapito presso la Regione Sud 1 UP
Canosa di Puglia assente nel periodo dal 23 maggio 2005 all'8 luglio
2005», in quanto nel documento negoziale non sarebbero stati
specificamente indicati i lavoratori sostituiti, «nonche' la ragione
per la quale questi» ultimi sarebbero «rimasti assenti dal lavoro»,
nonostante che, all'indomani del d.lgs. n. 368/2001 - applicabile
alla specie ratione temporis - l'assunzione a termine per ragioni
sostitutive richiedesse ancora dette indicazioni.
Costituitasi in giudizio, la societa' convenuta ha contestato la
necessita' di tale adempimento, visto che la precedente norma di
riferimento - e cioe' l'art. 1, comma 2, lett. b) della legge n.
230/1962 - e' stata abrogata dall'art. 11, primo comma, del d.lgs. n.
368/2001, senza essere sostituita da altra disposizione di analogo
contenuto e, nel contempo, ha altresi' eccepito la risoluzione del
rapporto per mutuo consenso, stante l'inerzia del lavoratore
protrattasi per cinque anni.
In diritto
I. Ancor prima di esaminare le ragioni per le quali si ritiene
rilevante e non manifestamente infondata la questione di
costituzionalita' degli artt. 1 e 11 del d.lgs. n. 368/2001, in
relazione agli artt. 3 e 77 Cost., preme a questo Tribunale
sottolineare l'infondatezza dell'eccezione datoriale di risoluzione
del rapporto per mutuo consenso, essendo pacifico nella
giurisprudenza di legittimita' che l'inerzia del lavoratore non e',
di per se', sufficiente a risolvere il rapporto, essendo, a tal fine,
richiesto un quid pluris.
Nel caso di specie, non solo le Poste Italiane hanno omesso di
dare conto di questo quid pluris, ma non hanno neppure contestato
l'assunto del ricorrente (peraltro documentato per tabulas, mediante
la produzione in giudizio della circolare interna del 14 febbraio
2000, con la quale le filiali sono state invitate a non stipulare
«contratti a tempo determinato con i soggetti che hanno in atto un
contenzioso giudiziale od extragiudiziale nei confronti di Poste
Italiane con riferimento al/ai contratto/i in precedenza stipulati
con questa Azienda»), secondo cui sarebbe «prassi dell'azienda
resistente non sottoscrivere nuovi contratti di lavoro con chi abbia
promosso, in suo danno, un contenzioso giudiziale».
Ne' risolutivo puo' ritenersi l'assunto della societa' convenuta,
secondo cui il lavoratore avrebbe «messo parte ricorrente, cosi' come
gli altri lavoratori che hanno operato in Poste nel periodo dal 1°
luglio 1997 al 31 dicembre 2005 nelle condizioni di consolidare il
proprio rapporto di lavoro con accordo del 13 gennaio 2006», sia
perche' non e' provato che il ricorrente sia stato «notiziato» di
questa opportunita', sia perche' detto accordo non risulta prodotto
agli atti del processo (di tal che questo giudice non e' in grado di
apprezzarlo nei suoi reali contenuti) e sia, infine, perche' la
mancata adesione ad un accordo conciliativo (che, per definizione,
comporta sempre delle rinunzie) non significa affatto che il
lavoratore abbia voluto dismettere un suo diritto.
II. La fattispecie contrattuale e' pacificamente disciplinata -
ratione temporis - dal d.lgs. 6 agosto 2001, n. 368, il cui art. 11,
com'e' noto, ha abrogato «la legge 18 aprile 1962, n. 230, e
successive modificazioni», ivi compreso l'art. 1, comma 2, lett. b),
a mente del quale era «consentita l'apposizione di un termine alla
durata del contratto: ... quando l'assunzione» avesse avuto «luogo,
per sostituire lavoratori assenti e per i quali» fosse sussistito «il
diritto alla conservazione del posto, sempreche' nel contratto di
lavoro a termine» fosse stato «indicato il nome del lavoratore
sostituito e la causa della sua sostituzione».
Per effetto di tale abrogazione, la causale sostitutiva e' oggi
disciplinata dall'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 368/2001, il quale
si limita a consentire «l'apposizione di un termine alla durata del
contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere ...
sostitutivo», senza piu' richiedere - quantomeno espressamente - che,
nel contratto, siano indicati il nome del lavoratore sostituito e la
causa della sua sostituzione.
III. Questo Tribunale, con ordinanza del 21 aprile 2008, sul
presupposto che la formulazione della novella rappresentasse un
arretramento di tutela per il lavoratore - che non poteva piu'
pretendere che, gia' nel contratto, gli fossero fornite quelle stesse
informazioni che la precedente normativa legale imponeva al datare di
lavoro, al fine di porlo nelle condizioni di valutare preventivamente
l'opportunita' di promuovere o meno l'azione giudiziaria e di
evitargli, nel caso in cui avesse scelto la strada dell'azione, il
rischio di trovarsi, nel processo, di fronte a «situazioni» di fatto
non valutabili in anticipo - ha dichiarato rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale
degli artt. 1 e 11 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, con
riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, Cost.
A giustificazione di tale convincimento, lo scrivente ha rilevato
che non poteva «ritenersi che - pur in presenza della differente
formulazione dell'art. 1 del d.lgs. n. 368/2001, rispetto a quella
dell'art. 1, comma 2, lett. b) della legge n. 230/1962 - tale onere»
fosse «rimasto immutato a carico del datore di lavoro, visto che
nella norma sopravvenuta» mancava «qualsiasi riferimento a detto
incombente».
Dopo aver dato atto della diversita' (non solo di forma, ma
anche) di contenuto della norma de qua, questo Tribunale, nel
richiamato provvedimento, ha ricordato - per quel che qui ancora
interessa - ai fini della corretta valutazione della legittimita' o
meno della novella:
a) che il d.lgs. n. 368/2001 era stato adottato dal Governo
italiano in esecuzione della legge delega 29 dicembre 2000, n. 422,
che lo aveva delegato ad emanare le norme occorrenti per dare
attuazione ad una molteplicita' di direttive comunitarie, tra le
quali la 1999/70/CE (relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES);
b) che, nella legge comunitaria n. 422/2000, il Parlamento
aveva stabilito (v. art. 2) che, «salvi gli specifici principi e
criteri direttivi stabiliti negli articoli seguenti ed in aggiunta a
quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di
cui all'articolo 1» avrebbero dovuto assicurare «in ogni caso che,
nelle materie trattate dalle direttive da attuare, la disciplina
disposta» fosse «pienamente conforme alle prescrizioni delle
direttive medesime»;
c) che, con specifico riferimento ai contratti di lavoro a
tempo determinato - poiche' il legislatore delegante si era limitato
a rinviare alle «prescrizioni» della direttiva 1999/70/CE, la quale,
a sua volta, era intervenuta solo su alcuni aspetti delle normative
interne in tema di contratto a termine ed in particolare sul
«principio di non discriminazione» (clausola n. 4), sulle «misure di
prevenzione degli abusi ... derivanti dall'utilizzo di una
successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato»
(clausola n. 5), nonche' sulle regole da valere in tema di
«informazione e possibilita' di impiego» (clausola 6) e di
«informazione e consultazione» (clausola 7) - doveva ritenersi
assolutamente «fuori delega» la scelta del Governo di abrogare tout
court la legge n. 230/1962 e, per quel che qui interessa, la norma
dettata, per la causale sostitutiva, dall'art. 1, comma 2, lett. b).
In sostanza, per questo Tribunale - come gia' statuito, per il
«diritto di precedenza», dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
44/2008 - «l'abrogazione», ad opera dell'art. 11, primo comma, d.lgs.
n. 368/2001, dell'art. 1, comma 2, lett. b) della legge n. 230/1962,
non rientrava «ne' nell'area di operativita' della direttiva
comunitaria, definita dalla Corte di giustizia con la sentenza 22
novembre 2005, nella causa C-144/04 Mangold, ne' nel perimetro
tracciato dal legislatore delegante»:
a) «con riferimento al primo ambito», perche', come
sottolineato in detta sentenza del giudice comunitario, «(punti da 40
a 43) ... la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE e' circoscritta
alla "prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una
successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo
determinato''» e, quindi, «non opera laddove, come nella specie, vi
sia una successione di contratti a termine alla quale non si»
riferisca «alcuna delle misure previste dalla direttiva medesima al
fine di prevenire quegli abusi (giustificazione del rinnovo; durata
massima totale dei contratti; numero massimo di contratti)»;
b) con riferimento al secondo ambito, perche' resta «anche al
di fuori della delega conferita dalla legge 29 dicembre 2000, n. 422
(Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - Legge
comunitaria 2000), complessivamente considerata», visto che «l'art.
1, comma 1, di tale legge ha delegato, ..., il Governo ad emanare "i
decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione
alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B'' e,
per quanto concerne la direttiva 1999/70/CE relativa al caso in esame
non ha dettato - a differenza di altre ipotesi - specifici criteri o
principi capaci di ampliare lo spazio di intervento del legislatore
delegato».
IV. Con sentenza interpretativa di rigetto n. 214/2009, la Corte
costituzionale ha ritenuto non fondata detta questione di
costituzionalita', in quanto, a suo avviso, il giudice a quo avrebbe
omesso «di considerare adeguatamente che l'art. 1 del d.lgs. n. 368
del 2001, dopo aver stabilito, al comma 1, che l'apposizione del
termine al contratto di lavoro e' consentita a fronte di ragioni di
carattere (oltre che tecnico, produttivo e organizzativo, anche)
sostitutivo, aggiunge, al comma 2, che «L'apposizione del termine e'
priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da
atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma
1».
L'onere di specificazione previsto da quest'ultima disposizione
impone che, tutte le volte in cui l'assunzione a tempo determinato
avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per
iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua
sostituzione. Infatti, considerato che per «ragioni sostitutive» si
debbono intendere motivi connessi con l'esigenza di sostituire uno o
piu' lavoratori, la specificazione di tali motivi implica
necessariamente anche l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori
da sostituire e delle cause della loro sostituzione; solamente in
questa maniera, infatti, l'onere che l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n.
368 del 2001 impone alle parti che intendano stipulare un contratto
di lavoro subordinato a tempo determinato puo' realizzare la propria
finalita', che e' quella di assicurare la trasparenza e la
veridicita' della causa dell'apposizione del termine e
l'immodificabilita' della stessa nel corso del rapporto.
Non avendo gli impugnati arti. 1, comma 1, ed 11 del d.lgs. n.
368 del 2001 innovato, sotto questo profilo, rispetto alla disciplina
contenuta nella legge n. 230 del 1962, non sussiste la denunciata
violazione dell'art. 77 della Costituzione.
Invero, l'art. 2, comma 1, lettera b), della legge di delega n.
422 del 2000 consentiva al Governo di apportare modifiche o
integrazioni alle discipline vigenti nei singoli settori interessati
dalla normativa da attuare e cio' al fine di evitare disarmonie tra
le norme introdotte in sede di attuazione delle direttive comunitarie
e, appunto, quelle gia' vigenti.
In base a tale principio direttivo generale, il Governo era
autorizzato a riprodurre, nel decreto legislativo di attuazione della
direttiva 1999/70/CE, precetti gia' contenuti nella previgente
disciplina del settore interessato dalla direttiva medesima
(contratto di lavoro a tempo determinato). Infatti, inserendo in un
unico testo normativo sia le innovazioni introdotte al fine di
attuare la direttiva comunitaria, sia le disposizioni previgenti che,
attenendo alla medesima fattispecie contrattuale, erano alle prime
intimamente connesse, si sarebbe garantita la piena coerenza della
nuova disciplina anche sotto il profilo sistematico, in conformita'
con quanto richiesto dal citato art. 2, comma 1, lettera b), della
legge di delega.
Non sussiste neppure la denunciata lesione dell'art. 76 Cost.,
poiche' le norme censurate, limitandosi a riprodurre la disciplina
previgente, non determinano alcuna diminuzione della tutela gia'
garantita ai lavoratori dal precedente regime e, pertanto, non si
pongono in contrasto con la clausola n. 8.3 dell'accordo-quadro
recepito dalla direttiva 1999/70/CE, secondo la quale l'applicazione
dell'accordo non avrebbe potuto costituire un motivo per ridurre il
livello generale di tutela gia' goduto dai lavoratori.
V. Con ordinanza n. 325 del 4 dicembre 2009, la Corte
costituzionale - chiamata a pronunciarsi nuovamente sulla medesima
questione - dopo aver ricordato di averla «gia' ... ritenuta
infondata ... con la sentenza n. 214 del 2009, dalla cui motivazione
non» v'era «ragione di discostarsi», ha ribadito:
a) «che, ..., l'art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, dopo aver
stabilito, al comma 1, che l'apposizione del termine al contratto di
lavoro e' consentita a fronte di ragioni di carattere (oltre che
tecnico, produttivo e organizzativo, anche) sostitutivo, aggiunge, al
comma 2, che "L'apposizione del termine e' priva di effetto se non
risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale
sono specificate le ragioni di cui al comma 1''»;
b) «che l'onere di specificazione previsto da quest'ultima
disposizione impone che, tutte le volte in cui l'assunzione a tempo
determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo,
siano indicate le ragioni della sostituzione di uno o piu'
lavoratori, il che implica necessariamente anche l'indicazione del
lavoratore o dei lavoratori da sostituire»;
c) «che soltanto in questa maniera, e' assicurata la
trasparenza e la veridicita' della causa dell'apposizione del termine
e l'immodificabilita' della stessa nel corso del rapporto»;
d) «che non avendo gli impugnati artt. 1, comma 1, e 11 del
d.lgs. n. 368 del 2001 innovato, sotto questo profilo, rispetto alla
disciplina contenuta nella legge n. 230 del 1962, non sussiste la
denunciata violazione dell'art. 77 della Costituzione»;
e) «che l'art. 2, comma 1, lettera b), della legge di delega
n. 422 del 2000 consentiva al Governo di apportare modifiche o
integrazioni alle discipline vigenti nei singoli settori interessati
dalla normativa da attuare e cio' al fine di evitare disarmonie tra
le norme introdotte in sede di attuazione delle direttive comunitarie
e, appunto, quelle gia' vigenti»;
f) «che in base a tale principio direttivo, il Governo era
autorizzato a riprodurre, nel decreto legislativo di attuazione della
direttiva 1999/70/CE, precetti gia' contenuti nella previgente
disciplina del settore interessato dalla direttiva medesima
(contratto di lavoro a tempo determinato). Infatti, inserendo in un
unico testo normativo sia le innovazioni introdotte al fine di
attuare la direttiva comunitaria, sia le disposizioni previgenti che,
attenendo alla medesima fattispecie contrattuale, erano alle prime
intimamente connesse, si sarebbe garantita la piena coerenza della
nuova disciplina anche sotto il profilo sistematico, in conformita'
con quanto richiesto dal citato art. 2, comma 1, lettera b), della
legge di delega»;
g) «che non sussiste neppure la denunciata lesione dell'art.
76 Cost., poiche' le norme censurate, limitandosi a riprodurre la
disciplina previgente, non determinano alcuna diminuzione della
tutela gia' garantita ai lavoratori dal precedente regime e,
pertanto, non si pongono neanche in contrasto con la clausola n. 8.3
dell'Accordo-quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE, secondo la
quale l'applicazione dell'accordo non avrebbe potuto costituire un
motivo per ridurre il livello generale di tutela gia' goduto dai
lavoratori».
VI. Dopo queste pronunzie interpretative di rigetto del Giudice
delle leggi - che sembravano aver risolto ogni problema ermeneutico
al riguardo - la Cassazione, con due sentenze del 26 gennaio 2010 (la
n. 1576 e la n. 1577), interpretando (in realta', ad avviso di questo
giudice, discostandosi consapevolmente da) detti arresti, ha si'
ricordato che «la sentenza della Corte costituzionale n. 214 del
2009, ..., nel dichiarare non fondata la questione di
costituzionalita' del d.lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1, e
d.lgs. n. 368 del 2001, art. 11», aveva affermato «che l'onere di
specificazione previsto dallo stesso art. 1, comma 2» imponeva «che,
tutte le volte in cui l'assunzione a tempo determinato» fosse
avvenuta «per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo», dovesse
risultare «per iscritto anche in nome del lavoratore sostituito e la
causa della sua sostituzione», ma ha anche precisato che, sul piano
«degli effetti delle sentenze interpretative di rigetto della Corte
costituzionale», «ove il giudice delle leggi, indichi una possibile,
diversa interpretazione della ... disposizione conforme a
Costituzione, tale interpretazione adeguatrice non interferisce con
il controllo di legittimita' rimesso alla Corte di cassazione ed il
suo effetto vincolante per i giudici ordinari e speciali, non esclusa
la Corte di cassazione, riguarda soltanto il divieto di accogliere
quella interpretazione che la Corte costituzionale ha ritenuto, sia
pure con una pronuncia di infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale sottoposta al suo esame, viziata».
Cosi', la Cassazione, rivendicando pienamente a se' detta
funzione, ha ritenuto di poter «interpretare» la sentenza
«interpretativa di rigetto» del Giudice delle leggi e, sulla base di
questa, di essere abilitata ad operare un distinguo, nel senso «che,
nella illimitata casistica che offre la realta' concreta delle
fattispecie aziendali, accanto a fattispecie elementari in cui e'
possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da
sostituire, esistono fattispecie complesse in cui la stessa
indicazione non e' possibile e "l'indicazione del lavoratore o dei
lavoratori'' deve passare necessariamente attraverso la
"specificazione dei motivi'', mediante l'indicazione di criteri che,
prescindendo dall'individuazione delle persone, siano tali da non
vanificare il criterio selettivo che richiede la norma».
VII. Con l'ordinanza n. 65 del 24 febbraio 2010, la Corte
costituzionale e' ritornata, ancora una volta, sulla questione de qua
e, benche' fosse quella l'occasione per pronunciarsi sulla
legittimita' del distinguo operato dalla Cassazione (di cui si e'
dato conto nel paragrafo che precede), ha preferito limitarsi a
ribadire «che la questione» era «gia' stata ritenuta infondata da
questa Corte con la sentenza n. 214 del 2009 e l'ordinanza n. 325 del
2009, dalla cui motivazione non» v'era «ragione di discostarsi», in
questo modo - sia pure implicitamente - riconoscendo che ogni diversa
interpretazione dei suoi precedenti arresti avrebbe finito per
condizionare la legittimita' delle norme scrutinate.
VIII. Cio' nondimeno, la S.C., con sentenza n. 10175 del 28
aprile 2010, ha ancora una volta ribadito che, «con riferimento
specifico alle ragioni di carattere sostitutivo, ..., il contratto a
termine, se in una situazione aziendale elementare e' configurabile
come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo
lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, allo
stesso modo in una situazione aziendale complessa e' configurabile
come strumento di inserimento del lavoratore assunto in un processo
in cui la sostituzione sia riferita non ad una,singola persona, ma ad
una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta;
in quest'ultimo caso, il requisito della specificita' puo' cosi'
ritenersi soddisfatto non tanto con l'indicazione nominativa del
lavoratore o dei lavoratori sostituiti, quanto con la verifica della
corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con
contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale
e le scoperture che, per quella stessa funzione, si sono realizzate
per il periodo dell'assunzione».
IX. Detto orientamento ha trovato, ancora piu' di recente,
ulteriore conferma in Cass. 7 febbraio 2011, n. 2990.
X. Com'e' di tutta evidenza, siffatti arresti del Giudice di
legittimita' -tutti del medesimo segno - fanno ritornare d'attualita'
la questione di costituzionalita' gia' sollevata da questo Tribunale
con ordinanza del 21 aprile 2008 ed anzi suggeriscono ulteriori
profili di illegittimita' delle norme de quibus.
XI. A tal proposito, e' opportuno premettere come, in ragione
della pluralita' delle sentenze rese in argomento dalla S.C., debba
ormai considerarsi «diritto vivente» il principio secondo cui, nei
contratti a tempo determinato, con specifico riferimento alle c.d.
esigenze sostitutive, l'onere di specificita' preteso dal 2 comma
dell'art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 possa essere assolto dal datore di
lavoro in maniera diversa, a seconda della complessita' o meno della
struttura aziendale e che, quindi, l'indicazione del nominativo del
lavoratore sostituito e della ragione della sua assenza sia
necessaria solo in una situazione aziendale elementare, potendo
essere, invece, in una situazione aziendale complessa ...
configurabile come strumento di inserimento del lavoratore assunto in
un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una singola
persona, ma ad una funzione produttiva specifica che sia
occasionalmente scoperta.
Tale distinguo - in quanto costituente «diritto vivente» -
vincola questo Tribunale, al punto che e' tenuto a farne applicazione
nel caso di specie, benche' non ve ne sia traccia nei provvedimenti
della Corte costituzionale innanzi richiamati e per quanto lo ritenga
non condivisibile alla luce delle puntuali ragioni espresse dalla
Corte d'Appello di Bari (tra le tante, v. la sentenza n. 5546/2010),
per la quale «sembra quasi ovvio osservare che anche le realta'
aziendali piu' complesse sono strutturate sulla base di una
articolazione territoriale diffusa di molteplici unita' produttive, a
loro volta connesse, in via gerarchica e funzionale, ad organismi
intermedi tra le basi operative ed il vertice aziendale. Sicche' e'
evidente che ciascun organismo intermedio, attraverso il preposto a
ciascuna sede o unita' operativa, e' in grado di conoscere
esattamente il lavoratore o i lavoratori (aventi diritto alla
conservazione del posto) e, quindi, e' ben in grado di renderlo noto,
in sede di stipula del contratto, anche al contrattista a termine
(nella specie, sembra evidente che il responsabile del servizio
Risorse Umane Regionale Sud 1 della Filiale di Bari ..., avvalendosi
dei vari responsabili delle diverse filiali (Uffici postali)
sotto-ordinate e di propria competenza, fosse o potesse essere a
conoscenza del personale assente e da sostituire in questo o
quell'ufficio»).
Cio' sta a significare che, per quanto, nel caso di specie, nel
documento negoziale sottoscritto dal ricorrente manchi del tutto
l'indicazione del/i lavoratore/i sostituito/i e della/e ragione/i
della sua/loro assenza, lo scrivente non potra' tout court dichiarare
l'illegittimita' del termine, in applicazione di quanto affermato dal
Giudice delle leggi, ma dovra' procedere altrimenti e cioe'
verificare - tenuto conto della complessa organizzazione aziendale
delle Poste Italiane - se nel contratto vi siano almeno gli elementi
che, ad avviso della Cassazione, sarebbero sufficienti ad attestare
la sussistenza di quel grado di specificita' della causale
sostitutiva, sufficiente a consentire al lavoratore una forma di
controllo sin dal momento della sottoscrizione del documento
negoziale.
XII. Ebbene, come appare evidente, l'art. 1 del d.lgs. n.
368/2001, in quanto interpretato nei termini prospettati dalla
cassazione (interpretazione alla quale, lo si ribadisce, i giudici di
merito devono ritenersi ormai vincolati) produce una inammissibile
discriminazione, con conseguente violazione dell'art. 3 Cost., tra i
lavoratori assunti a tempo determinato per ragioni sostitutive,
potendo solo quelli avviati in aziende con una struttura
organizzativa «elementare» pretendere di avere gia' nel contratto di
lavoro l'indicazione del nominativo del lavoratore sostituito e della
ragione della sua assenza ed essere in grado cosi' di esercitare
immediatamente, gia' all'atto della sottoscrizione del contratto,
quel controllo a cui sono preordinate le specificazioni pretese dal
secondo comma dell'art. 1 cit.
Ne' puo' ritenersi insussistente l'indicata discriminazione per
il sol fatto che, nelle realta' aziendali complesse, l'onere di
specificita' possa essere assolto - come indicato dalla S.C. a
partire dal gennaio 2010 - attraverso l'indicazione «di elementi
ulteriori (quali, l'ambito territoriale i riferimenti, il luogo della
prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il
diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che
consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire»,
visto che, com'e' facile intuire, nessuno di questi elementi e' in
grado di consentire al lavoratore, sin dal momento della
sottoscrizione contratto, quello stesso grado di effettivita' e di
efficacia del controllo (non solo ex post, ma anche ex ante) che e',
invece, garantito a chi, in quanto avviato in situazioni aziendali
elementari, veda gia' nel contratto indicato il nominativo di chi
sostituisca ed il perche' lo sostituisca.
Consentire, nei contratti a termine per esigenze sostitutive,
forme differenziate di controllo (a secondo della struttura
organizzativa aziendale), finisce per produrre discriminazioni
assolutamente ingiustificate dal punto di vista dei lavoratori (punto
di vista, che giova sottolinearlo, e' il solo ad essere preso in
considerazione dal secondo comma dell'art. 1 del d.lgs. n. 368/2001)
e consente di legittimare, in alcune situazioni, come quella di
specie, delle forme di controllo solo apparenti e per nulla
appaganti, oltre che insufficienti ad «assicurare la trasparenza e la
veridicita' della causa dell'apposizione del termine e
l'immodificabilita' della stessa nel corso del rapporto», cosi' come
richiesto dalla Corte costituzionale nelle pronunzie innanzi
richiamate.
La preoccupazione del giudice di legittimita' di sollevare taluni
datori di lavoro dall'onere di specificare, gia' nel contratto, il
nominativo del lavoratore sostituito e la ragione della sua assenza,
com'e' facile intuire, trova la sua giustificazione nelle difficolta'
che questi potrebbero eventualmente incontrare in ragione della
complessita' della loro organizzazione aziendale.
In realta', come dimostra proprio il caso di specie, tale
preoccupazione non ha alcun fondamento, visto che le Poste, cosi'
come hanno specificato, costituendosi in giudizio, che «il
ricorrente» avrebbe «sostituito il titolare della zona di recapito n.
9 sig. Pedetti Callisto, assente nel medesimo periodo per la
frequentazione di un corso di formazione», avrebbero potuto farlo
anche nel documento contrattuale.
Del resto, riesce veramente difficile, a questo giudice,
immaginare che la mera indicazione, nel contratto, dell'ambito
territoriale di riferimento, del luogo della prestazione lavorativa e
delle mansioni dei lavoratori da sostituire (e cioe' di elementi che,
tutto sommato, ogni datore di lavoro e' costretto ad indicare
nell'atto negoziale se vuole che il lavoratore sappia dove deve
andare a lavorare e cosi', debba fare e che, come tali, nulla hanno a
che vedere con la specificazione delle esigenze sostitutive) possano
ritenersi elementi sufficienti a consentire al dipendente assunto a
termine di esercitare ex ante un controllo effettivo ed efficace
della legittimita' del termine e ad impedire al datore di lavoro, in
fase di controllo ex post, di modificare la causale.
Ne' puo' ritenersi che la «indicazione di elementi ulteriori che
consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire,
ancorche' non individuati nominativamente», richiesta da Cass. 7
febbraio 2011, n. 2990, sia in grado di superare la discriminazione
di cui si discute, visto che - a parte il fatto che non e' chiaro se
questo dato, per il Giudice di legittimita', debba essere contenuto
(come dovrebbe), a pena di illegittimita' del termine, gia' nel
contratto o se sia sufficiente provarlo anche solo in corso di causa
- come ha obiettato in maniera convincente la Corte d'Appello di
Bari, «la previsione negoziale di un'eventuale risoluzione anticipata
del rapporto a termine per il caso di anticipato rientro in servizio
del personale assente (...) rende ancor piu' evidente la lacunosita'
e/o genericita' della motivazione richiamata nel contratto, in quanto
solo conoscendo anticipatamente la causale della sostituzione ed il
nominativo del dipendente sostituito sarebbe stato possibile - per il
lavoratore prima e per il giudice poi - verificare l'effettiva
sussistenza di un nesso eziologico tra l'assunzione a tempo
determinato e l'assenza del sostituito. E che tale esigenza di
certezza e di verifica tempestiva sia tale si coglie ancor di piu'
nel caso in cui siano piu' i lavoratori sostituiti. Infatti, in tale
situazione, mancando l'indicazione nominativa del lavoratore
sostituito, il datore di lavoro, in caso di rientro anticipato di uno
solo dei lavoratori assenti, potra', a suo piacimento (ossia, in modo
del tutto arbitrario) scegliere se ritenere cessata la ragione della
sostituzione e, quindi, risolvere il rapporto con il contrattista a
termine ovvero far proseguire il rapporto (situazione che si
aggraverebbe ove fossero stati conclusi due o piu' contratti a
termine, atteso che, in tal caso, parte datoriale, rientrando
anticipatamente in servizio un dipendente sostituito, potrebbe
addirittura scegliere con quale dei due o piu' contrattisti risolvere
anticipatamente il rapporto: cosi' arrogandosi un diritto che
certamente non le compete» (esattamente in termini, tra le tante,
Corte App. Bari n. 5546/2010).
XIII. Oltre ad essere contraria all'art. 3 Cost.,
l'interpretazione «vivente» del S.C., ad avviso dello scrivente, non
tiene neppure conto del fatto che nell'ordinanza con la quale questo
Tribunale aveva gia' sollevato la questione di costituzionalita' e,
soprattutto, nella sentenza n. 214/2009 (oltre che in quelle
successive) della Corte costituzionale, il problema non era quello di
andare alla ricerca di quali fossero le forme legittime di
specificazione della causale sostitutiva e di controllo delle stesse
da parte del lavoratore, ma di verificare se il legislatore delegato
fosse stato autorizzato da quello delegante ad abrogare l'art. 1,
secondo comma, lettera b), della legge n. 230/1962, che consentiva
l'apposizione del termine «quando l'assunzione» avesse avuto «luogo
per sostituire lavoratori assenti e per i quali» fosse sussistito «il
diritto alla conservazione del posto, sempreche' nel contratto di
lavoro a termine» fosse stato «indicato il nome del lavoratore
sostituito e la causa della sua sostituzione».
Di fronte a tale questione, non puo' non tenersi conto del fatto
che la Corte costituzionale - dopo aver dato atto che, «invero,
l'art. 2, comma 1, lettera b), della legge di delega n. 422 del 2000
consentiva al Governo di apportare modifiche o integrazioni alle
discipline vigenti nei singoli settori interessati dalla normativa da
attuare e cio' al fine di evitare disarmonie tra le norme introdotte
in sede di attuazione delle direttive comunitarie e, appunto, quelle
gia' vigenti» e che, «in base a tale principio direttivo generale, il
Governo era autorizzato a riprodurre, nel decreto legislativo di
attuazione della direttiva 1999/70/CE, precetti gia' contenuti nella
previgente disciplina del settore interessato dalla direttiva
medesima (contratto di lavoro a tempo determinato). Infatti,
inserendo in un unico testo normativo sia le innovazioni introdotte
al fine di attuare la direttiva comunitaria, sia le disposizioni
previgenti che, attenendo alla medesima fattispecie contrattuale,
erano alle prime intimamente connesse, si sarebbe garantita la piena
coerenza della nuova disciplina anche sotto il profilo sistematico,
in conformita' con quanto richiesto dal citato art. 2, comma 1,
lettera b), della legge di delega» - in tanto si e' vista costretta
ad affermare, con specifico riferimento alla causale sostitutiva, che
nulla era cambiato rispetto al passato, in quanto, diversamente
opinando, vista la premessa (e cioe' che il legislatore delegato era
tenuto, in parte qua, a riprodurre la stessa norma previ-gente),
sarebbe stata costretta a dichiarare l'illegittimita' delle norme
scrutinate per violazione dell'art. 77 Cost.
In sostanza, una interpretazione dell'art. l del d.lgs. n.
368/2001 che avesse, sia pare parzialmente, ipotizzato - per le
causali sostitutive - una disciplina difforme da quella precedente,
era ed e' fuori delega e finisce per decretare l'illegittimita' delle
nonne de quibus (artt. 1 e 11 del d.lgs. n. 368/2001), per violazione
dell'art. 77 Cost.
Da cio' deriva che il distinguo (costituente «diritto vivente»)
operato dalla Corte di cassazione tra le aziende a struttura
elementare e quelle a struttura complessa, nella misura in cui
attribuisce all'art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 un contenuto del tutto
(o, comunque, parzialmente) diverso da quello della precedente
normativa (che, come si e' visto, disciplinava in maniera identica la
fattispecie sostitutiva, prescindendo dalle dimensioni delle
aziende), determina l'ineluttabilita' di quelle «conclusioni» che il
Giudice delle leggi aveva tentato di evitare, suggerendo
quell'interpretazione (di cui si e' dato conto e) dalla quale il
Giudice di legittimita' ha inteso discostarsi.
XIV. Ne' puo' ritenersi utile il richiamo, da parte di Cass. n.
2990/2011, della sentenza resa dalla CGE il 24 giugno 2010, nella
causa 98/09 (Sorge), nella parte in cui la Corte europea ha ritenuto
che la clausola di non regresso «non osta alla normativa nazionale
italiana che ha eliminato l'obbligo del datore di lavoro di indicare
il nome dei lavoratori assenti ed i motivi della loro sostituzione,
limitandosi a prevedere l'obbligo della forma scritta e la
specificazione delle ragioni del ricorso all'assunzione a tempo
determinato, "purche' dette nuove condizioni siano compensate
dall'adozione di altre garanzie o misure di tutela oppure riguardino
unicamente una categoria circoscritta di lavoratori con un contratto
di lavoro a tempo determinato, circostanza che spetta al giudice di
rinvio verificare''», in quanto non compete certo al Giudice europeo
stabilire quale sia l'interpretazione da dare ad una norma interna,
specie quando, come nel nostro caso, quella interpretazione sia gia'
stata data (ed in termini assolutamente diversi) dalla Corte
costituzionale.
E' a dir poco singolare che il Giudice europeo abbia ritenuto
insussistente un principio (quello per cui, in caso di assunzione a
termine per esigenze sostitutive, il datore di lavoro sia tenuto ad
indicare nel contratto il nominativo del lavoratore sostituito e la
ragione della sua assenza), che, da almeno un anno prima (e,
peraltro, a piu' riprese), la Consulta aveva certificato essere
ancora vigente nel nostro ordinamento giuridico.
Non foss'altro perche' la sentenza Sorge e' stata pronunciata
dopo la n. 214/2009 della Corte costituzionale, la CGE avrebbe dovuto
prendere atto - ed e' grave che (ne' si comprende perche') non lo
abbia fatto - della circostanza che il nostro Giudice delle leggi
aveva gia' dichiarato immodificato, rispetto al passato, i contenuti
del quadro normativo di riferimento ed avrebbe dovuto tenerne conto
ai fini della sua decisione.
XV. Tutto cio', comunque, non cambia di certo i termini del
problema, che oggi non e' piu' quello di stabilire se l'abrogazione
dell'art. 1, comma 2, lett. b) della legge n. 230/1962, abbia violato
la clausola di non regresso, ma molto piu' semplicemente se il
Governo sia stato delegato a farlo e cioe' se il suo intervento sia
rimasto nei limiti della delega ricevuta dal Parlamento.
E la risposta a tale quesito, visti i ripetuti pronunciamenti
della cassazione (che ha «imposto» ai giudici di merito, come
«diritto vivente», una lettura dell'art. 1 del d.lgs. n. 368/2001,
che di fatto provoca una modificazione sostanziale della previgente
disciplina), finisce per essere obbligata (nel senso della
illegittimita' costituzionale degli artt. 1 e il del d.lgs. n.
368/2001, per violazione dell'art. 77 Cost.), posto che - e poiche'
e' stata la stessa Corte costituzionale a sottolinearlo, questo
giudice non puo' non tenerne conto - «il Governo era autorizzato a
riprodurre, nel decreto legislativo di attuazione della direttiva
1999/70/CE, precetti gia' contenuti nella previgente disciplina del
settore interessato dalla direttiva medesima (contratto di lavoro a
tempo determinato). Infatti, inserendo in un unico testo normativo
sia le innovazioni introdotte al fine di attuare la direttiva
comunitaria, sia le disposizioni previgenti che, attenendo alla
medesima fattispecie contrattuale, erano alle prime intimamente
connesse, si sarebbe garantita la piena coerenza della nuova
disciplina anche sotto il profilo sistematico, in conformita' con
quanto richiesto dal citato art. 2, comma 1, lettera b), della legge
di delega».
L'intervento del legislatore delegato e' stato «abusivo» (nel
senso di «senza delega»), anche perche' la Direttiva comunitaria da
recepire non imponeva certamente di abrogare l'art. 1, comma 2, lett.
b) della legge n. 230/1962, limitandosi, invece, a richiedere
d'intervenire solo su alcuni aspetti delle normative interne in tema
di contratto a termine ed in particolare sul «principio di non
discriminazione» (clausola n. 4), sulle «misure di prevenzione degli
abusi ... derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o
rapporti di lavoro a tempo determinato" (clausola n. 5), nonche'
sulle regole da valere in tema di «informazione e possibilita' di
impiego» (clausola 6) e di «informazione e consultazione» (clausola
7).
XVI. Sulla base di quanto precede, questo giudice ritiene non
manifestamente infondata la questione di costituzionalita' degli
artt. 1 e 11 del d.lgs. n. 368/2001, con riferimento agli artt. 3 e
77, primo comma, della Costituzione.
XVII. Oltre che non manifestamente infondata, la questione di
costituzionalita' innanzi illustrata e' da ritenere anche rilevante
nel giudizio a quo, in quanto l'eventuale espunzione dal nostro
ordinamento giuridico degli artt. 1 e 11 del d.lgs. n. 368/2001,
siccome comportante, per quel che qui interessa, la reviviscenza
dell'art. 1, comma 2, lett. b), della legge n. 230/1962, rileverebbe
certamente nel giudizio promosso dal sig. Mizzi Giovanni, essendo in
grado, ex se, di produrre l'illegittimita' del termine apposto al
contratto di lavoro per cui e' causa, stante la mancata indicazione,
nel documento negoziale, dei lavoratori sostituiti, nonche' della
ragione per la quale questi sarebbero rimasti assenti dal lavoro.
Nel contempo, un quadro normativo, interpretato nei termini
prospettati dalla Cassazione, se ed in quanto dovesse rimanere
confermato, imporrebbe a questo Tribunale di non tener conto, ai fini
della delibazione della legittimita' del termine, del fatto che, nel
caso di specie, nel documento negoziale, manchi qualsiasi riferimento
al nominativo del lavoratore sostituito e al motivo della sua
assenza.
P. Q. M.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 11 del d.lgs. 6 settembre
2001, n. 368, con riferimento agli artt. 3 e 77, primo comma, Cost.
Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e
sospende il giudizio in corso.
Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti, al
Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti della Camera e
del Senato della Repubblica.
Trani, addi' 21 febbraio 2011
Il giudice del lavoro: La Notte Chirone
. -
renato733.
User deleted
grande fabrizio,stando ai tempi mi aspetto un buon gennaio-febbraio 2012 se poi vogliono farla finita(speriamo)prima tanto di guadagnato.
[QUOTE]Con l'ordinanza n. 65 del 24 febbraio 2010, la Corte
costituzionale e' ritornata, ancora una volta, sulla questione de qua
e, benche' fosse quella l'occasione per pronunciarsi sulla
legittimita' del distinguo operato dalla Cassazione (di cui si e'
dato conto nel paragrafo che precede), ha preferito limitarsi a
ribadire «che la questione» era «gia' stata ritenuta infondata da
questa Corte con la sentenza n. 214 del 2009 e l'ordinanza n. 325 del
2009, dalla cui motivazione non» v'era «ragione di discostarsi», in
questo modo - sia pure implicitamente - riconoscendo che ogni diversa
interpretazione dei suoi precedenti arresti avrebbe finito per
condizionare la legittimita' delle norme scrutinate.
adesso voglio vedere che cazzo diranno i sigg.della consulta. -
sporting76.
User deleted
speriamo bene renato!!!! .